In questo giorno speciale in cui celebriamo i 189 anni di fondazione dell'Istituto, pubblichiamo l'articolo curato dal Vice Presidente Matteo Minetti (che trovate sul numero di marzo del bollettino ufficiale), riguardante la storia dell'Ente, dalla fondazione ai giorni nostri.
Il 17 Marzo rappresenta una data fondamentale della storia di Anzino e dell'Istituto Pubblico, la realtà che assieme al Santuario di S. Antonio costituisce uno dei tratti identitari più forti dell'essere anzinesi; un giorno che ricorre in almeno due occasioni nei documenti riguardanti la nascita della nostra associazione. A questo giorno fanno riferimento due diversi documenti redatti a dieci anni di distanza uno dall'altro che risultano due tappe fondamentali per capire l'origine e il senso della vita di questa nostra realtà. Ma facciamo un piccolo salto indietro nel tempo e ripercorriamo le tappe della storia che portarono alla redazione di queste carte e quindi alle origini dell'ente. Il recente convegno "Dall'Urbe ai monti", organizzato dalla parrocchia di Anzino e dall'Istituto, ha tentato di chiarire parecchi aspetti dell'anzinesità intesa come identità del paese fondata nel solco della devozione a S. Antonio di Padova. In quella occasione si sono indagate in particolare le origini del paese di Anzino, a cura del Prof. Enrico Rizzi, che ha tracciato una relazione interessantissima sulle origini del paese in epoca medievale. Egli, risalendo a importanti documenti riferibili ai conti di Biandrate, conservati nell'archivio capitolare della città svizzera di Sion, (capitale del Vallese e legata nella storia da rapporti ora amichevoli, ora bellicosi con l'Ossola) ha tracciato l'identikit dei primi anzinesi conosciuti come di coloni saliti dalla bassa Ossola, probabilmente da Pieve Vergonte, e dediti allo sfruttamento di giacimenti minerari in Valle. In quella occasione è stato emozionante poter ascoltare inediti nomi e cognomi di anzinesi vissuti circa otto secoli or sono (contemporanei di S. Antonio dunque) con un identikit che trova conferma nella successiva vita del paese. Il prof. Rizzi ipotizza nella sua trattazione dunque una origine mineraria e imprenditoriale del paese di Anzino e dei suoi abitanti, che avrebbe poi generato il paese di Ciola (ora San Carlo) con lo sfruttamento dei giacimenti dei Cani. Per i tratti della relazione ci si può riferire al volume degli atti del convegno, ma qui mi preme sottolineare il carattere di intraprendenza e di una certa agiatezza che caratterizzava già nell'origine gli abitanti di Anzino. Lungo la storia poi, per passaggi che ancora non conosciamo e in un'epoca incerta, ma che possiamo collocare tra il '500 e il '600, gli anzinesi intrapresero un processo che portò molti di loro a Roma, impegnandosi come osti e camerieri nella città eterna.
Ancora una volta, i discendenti dei primi abitanti di Anzino, intraprendevano una nuova vita, recandosi in una terra molto più lontana a lavorare per poter sostenere le proprie famiglie. Capita in molti processi di emigrazione di assistere a una scomparsa del legame tra luogo di origine e nuova collocazione degli emigrati, o comunque, nel caso sopravviva la memoria dell'emigrazione, a un contatto sporadico e spesso disinteressato dei "fuoriusciti" con il proprio paese. L'emigrazione di Anzino fu da sempre diversa e fu una storia di legami forti e di interessi molto cogenti nell'andamento della vita in paese. Probabilmente queste dinamiche con cui gli anzinesi emigrati intervenivano spesso volentieri nelle questioni della propria patria, soprattutto per aiutarne gli abitanti, si instaurarono immediatamente, e la dimostrazione pratica di tutto questo fu l'invio della tela miracolosa di S. Antonio di Padova. Una devozione probabilmente originata, come ipotizza Damiano Pomi negli atti del sopra citato convegno, con la frequentazione della chiesa romana della Ripetta; il luogo di culto degli osti romani in cui era viva la devozione al santo portoghese. Tralasciando qui poi l'enorme sviluppo che l'arrivo del quadro e che le prime grazie compiute presso la chiesa di Anzino diedero alla devozione a S. Antonio in questo luogo, possiamo dire che lungo tutto il '600 e il '700 il legame degli anzinesi romani con il paese rimane fortissimo. Tornano in estate, inviano lettere, fanno numerosissime opere a favore della Chiesa (parrocchia dal 1640 sempre per l'intervento dei contabili emigrati) e a sostegno della popolazione.
Svolgono questa opera elargendo offerte attraverso le "cassette" da obolo che alcuni incaricati fanno girare tra le case degli emigrati (vedi foto sopra) e che poi un responsabile fa recapitare ad Anzino per le necessità. Tuttavia nella prima metà dell'800 la "Congregazione di Roma", così era detta l'assemblea di anzinesi nella città eterna, si rende conto che la cosa non basta, e che questo periodico provvedere alle necessità del paese va reso stabile. Una prima opera importante certamente, che ci riporta ai documenti che ho citato all'inizio, è l'acquisto e la ricostruzione della casa di Piazza Municipale 2, ancora oggi proprietà dell'Ente. Un accordo con i proprietari per l'acquisto, con tanto di valutazione, viene firmato proprio nel 1822. Alla stessa data viene posta una piccola lapide sul muro dello stabile che indica "Casa di proprietà de diversi benefattori di Anzino abitanti in Roma 1822". Un acquisto collettivo dunque fatto da un gruppo informale, non costituito in nessuna forma, ma unito. La casa viene adibita in quegli anni a municipio del paese, funzione che manterrà fino al 1928 e alla soppressione del comune di Anzino. Negli anni, oltre a questa opera, i romani continuano a provvedere con le proprie oblazioni alle necessità del paese. In particolare continuano ad abbellire la chiesa parrocchiale, ma si dedicano anche a opere per il miglioramento delle condizioni di vita ad Anzino. Trascorsi dieci anni, sempre il 17 marzo, la congregazione si trova nuovamente a stilare un documento che questa volta è un atto formale; una "dichiarazione a favore della massa dei contribuenti di Anzino, diocesi di Novara". In quella occasione si stabilisce che, avendo li benefattori acquistato alcuni stabili a Roma (case site sull'odierno percorso di via Nazionale, poi espropriate e demolite, e case di Vicolo delle Grotte, di proprietà dell'Istituto fino al 1992) si provvederà a sgravare la popolazione di Anzino dal cosiddetto quinternetto, una serie di tasse che gravavano su un paese con molte famiglie di contadini e braccianti, non particolarmente ricco di risorse. A questo documento facciamo risalire la vera e propria fondazione dell'Istituto Pubblico, che in quella occasione si dà una prima forma costitutiva e totalmente organizzata . Il primo "tenutario" è il commerciante Antonio Spadina, morto probabilmente nel 1859 a Roma e così ben voluto da essere appellato come "benemerito" nella posta dal comune di Anzino nel 1893 sulla fontana che egli fece costruire nel 1838. I nomi dei fondatori sono ricordati oltre che nel documento originale, conservato presso l'Archivio di Stato di Roma, nella lapide posta per il 150° dell'Ente sull'ex municipio di Anzino. Questa forma consente alla colonia romana una gestione più efficiente e sicura derivante dalle rendite degli stabili siti nel centro di Roma. Tutto il secolo prosegue con una serie di opere di cui la più importante è la costruzione della strada carrozzabile (una delle prime a collegare paesi della Valle Anzasca all'odierna provinciale) dalla piazza del mercato di Anzino (oggi piazza Marconi) fino all'incrocio con la strada per Pontegrande. All'intervento dell'Istituto si deve dunque anche la costruzione del ponte in pietra sul Rio Olocchia ancora oggi parte del percorso. Con la fine dello Stato Pontificio tuttavia i vantaggi della permanenza a Roma dovevano scemare se la colonia andò progressivamente scemando dopo il 1870. Nel 1906 l'amministrazione dell'Istituto venne trasferita definitivamente ad Anzino. Tuttavia la vita dell'Istituto è continuata e continua ancora oggi, in un 17 marzo lontano nel tempo ma vicino dello spirito e negli intenti ai padri fondatori dell'Istituto. Ciò che è più importante sapere di tutta la vicenda delle origini dell'Istituto, ciò che è importante rammentare, a mio parere, è soprattutto lo spirito che animava i nostri antenati nel provvedere con la fondazione della nostra associazione alla vita del paese e, in ultima analisi di tutti noi. Oggi la volontà dell'amministrazione è riavvicinare ancora una volta tutti noi, tutti i discendenti di Anzino, a queste origini. L'Istituto non è solo un ente che può operare materialmente per il paese, ma una realtà che ci ricorda e rende vive le nostre comuni origini, in fondo rinsaldate dai nostri avi con la loro firma su quell'atto del 17 marzo di 189 anni fa. In questa festa, perché di questo si tratta, ricordiamo con gratitudine e affetto tutti i fondatori e i benefattori di Anzino e dell'Istituto, perché con la loro opera ci hanno regalato una realtà comune che celebra ogni giorno le origini e la storia di ognuno di noi.
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